Le abitudini evocative e le immagini mentali.
Le immagini mentali sono rappresentazioni degli oggetti percepiti che vengono tradotte in abitudini evocative, le quali consistono in un linguaggio pedagogico di due possibili tipi: visivo e uditivo. Ognuno è in grado di comprendere e utilizzare entrambi ma rimane sempre una dominanza dell’uno o dell’altro. Per questo a volte le persone non si capiscono poiché parlano del medesimo oggetto facendo ricorso a due immagini mentali diverse[1]. Tuttavia anche la natura dell’oggetto determina l’immagine mentale: se ascolto della musica più facilmente evocherò immagini uditive, mentre osservando un quadro richiamerò immagini visive. Le abitudini evocative sono degli elementi essenziali dei processi di apprendimento e causano i comportamenti pedagogici che sono degli atti i quali ci consentono di codificare le informazioni, i messaggi e le conoscenze da acquisire. Conseguentemente, attraverso la conoscenza e l’uso di tali abitudini è possibile stendere un profilo pedagogico personalizzato che diventa uno strumento d’azione educativa. Questa conoscenza si ricava attraverso quella che l’autore definisce come l’introspezione sperimentale ossia uno sguardo interiore attento e intenzionale che avviene nel confronto con altre persone.
Un esempio che chiarisce le abitudini evocative è questo che riporto: all’Istituto Superiore di Pedagogia dell’Istitut Catholique di Parigi[2] De La Garanderie propose un seminario ai professori e ai maestri per riflettere insieme sui propri metodi personali di lavoro e sulle loro conseguenze. Si era pensato di richiedere agli insegnanti di materie scientifiche di svolgere un tema e a chi insegnava nell’ambito letterario di eseguire un problema scrivendo poi ciò che avevano provato, perché non avendo famigliarità con gli oggetti, avrebbero compreso quali metodi adottavano. Così facendo notarono che i metodi personali di lavoro si rispecchiavano nei rispettivi metodi di insegnamento e, quindi, compresero il bisogno di applicare una didattica differenziata per individuare tutte le risorse pedagogiche degli allievi.
In seguito alle esperienze che fecero, l’autore e i suoi colleghi formularono e concretizzarono una proposta pedagogica per impedire l’insorgere di esiti negativi a scuola: il dialogo pedagogico. Vediamo ora che cos’è e spieghiamone l’importanza.
[1] Un giorno incontrai una madre indiana la quale mi chiese di aiutare la figlia a svolgere un compito di scienze che riguardava i mammiferi: quest’ultima comprendeva osservando le immagini, mentre quella ascoltava e ripeteva sottovoce le mie definizioni.
[2] Vedi LA GARANDERIE A. De, (1991), I profili pedagogici: scoprire le attitudini scolastiche, Firenze, La Nuova Italia , p. 39.
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