La pratica del dialogo pedagogico[1] è importante perché previene l’insuccesso scolastico dovuto a un’opposizione metodologica tra abitudini evocative dell’alunno e quelle dell’insegnante. Esso s’ispira a tre principi:
Principio della specificità del dialogo pedagogico. Esso non va innanzitutto confuso con l’aiuto psicologico[2]: potrebbe sembrare scontato, ma quando si insegna ad un bambino può accadere che si mescolino le due pratiche. Inoltre c’è differenza essenziale tra un’azione di insegnamento e il dialogo pedagogico. Nel primo caso si tratta di trasmettere il sapere attraverso un discorso logico e verificare poi se il sapere è stato trasmesso correttamente e acquisito dal destinatario; invece nel dialogo lo scopo è, per l’insegnante, quello di informarsi e di informare l’alunno circa le sue modalità di apprendimento. Alunni definiti dagli insegnanti ‘non dotati’, che si impegnano e si sforzano senza raggiungere i risultati meritati oppure studenti che hanno le capacità ma non le conoscenze, e viceversa, non hanno problemi di carattere pedagogico bensì una carenza di mezzi o strumenti.
Le risorse pedagogiche dell’alunno. Consistono nella abitudini evocative, ma anche nei gesti mentali quali attenzione, memoria, riflessione e immaginazione[3] che incidono nell’apprendimento.
Il diritto dell’alunno alla responsabilità pedagogica. Conseguenza del dialogo pedagogico che non vuole mettere in discussione l’autorità dell’insegnante, è il diritto dell’alunno di essere informato sulle abitudini evocative e le procedure mentali in quanto fondamentali per l’adattamento scolastico, ma è anche la sua responsabilità di scegliere se impiegare queste pratiche.
[1] «Ampliamo deliberatamente il senso di pedagogia ,che generalmente significa: arte o mezzi impiegati per istruire. Propendiamo, invece, per la seguente definizione: arte o mezzi impiegati per acquisire e per sviluppare conoscenze esplicitamente, avendoli scelti consapevolmente, sia implicitamente, senza rendersene conto.» LA GARANDERIE A. De, (2003), I mezzi dell’apprendimento e il dialogo con l’alunno,Trento, Erikson, p. 185.
[2] Si intende mettere a proprio agio gli allievi e dar loro supporto, incentivarne la volontà e l’impegno.
[3] L’attenzione è rivedere o riascoltare mentalmente il percepito o l’evocato.
La memorizzazione serve per conservare e richiamare l’evocato per una sua utilizzazione futura.
La riflessione trasferisce le evocazioni precedenti per confrontarle con gli evocati appresi.
L’immaginazione è un gesto mentale che sta nel ricercare ciò che si è visto, ciò che non può essere visto in un altro modo, ciò che si è sentito; ciò che non può essere sentito in un altro modo.
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